[Angelo Peretti]
Dovrei farlo con frequenza maggiore, ma quando ho qualche dubbio interpretativo sul significato delle parole - giacché costantamente propongo ad altri parole - ricorro all'ausilio del vocabolario. Uso, in versione un po' vecchiotta, un Devoto-Oli, ed è a questo che mi sono rivolto per capire chi sia il vignaiolo. Leggo che è il "coltivatore della vigna". Anche lo Zingarelli, peraltro, concorda: vignaiolo è "chi coltiva una vigna".
Il dubbio m'è sovvenuto notando come alcuni tra coloro che si definiscono vignaioli, magari anche aderendo ad una meritoria federazione nazionale, in verità possiedano sì vigne e producano vino, anche d'eccellenza, ma non mi risulta che invece coltivino in prima persona la vigna, con le loro mani intendo. Eppure la stessa Fivi, la federazione - appunto - dei vignaioli indipendenti, afferma che il vignaiolo è colui "che coltiva le sue vigne, imbottiglia il proprio vino, curando personalmente il proprio prodotto" e poi "vende tutto o parte del suo raccolto in bottiglia, sotto la sua responsabilità, con il suo nome e la sua etichetta". Invece so che taluni le vigne le hanno ma, pur sotto la loro guida, le fanno coltivare ad altri, spesse volte moldavi, polacchi, rumeni, albanesi, e insomma delle varie nazionalità ed etnie di chi viene in Italia in cerca di qualche sollievo economico.
Mi piacerebbe dunque trovare un'altra definizione per chi fa vino, e m'è venuto il ghiribizzo (oh, che bello poter utilizzare almeno una volta questa parola: ghiribizzo) di rispolverare il termine desueto di vinaiolo, che differisce di poco da vignaiolo nella scrittura, ma parecchio nella sostanza. Vinaiolo è tuttavia sinonimo di vinaio, che è il "venditore di vino", oppure anche l'oste, che vende, appunto, vino. Mi pare evidente che si tratti di un termine improprio per chi produca vino, e dunque il mio cruccio è irrisolto. Però fatico a definir vignaiolo chi non scenda in vigna a imbrattarsi di fango e cuocersi al sole e prendere il gelo e sporcarsi le mani. Molti lo fanno, altri no: non credo siano uguali, e con questo non intendo proporre graduatorie di merito. Si tratta solo di dubbi lessicali.

Gli Antinori hanno sempre usato la parola vinattieri.
Concordo con le tue perplessità Angelo. Comunque a mio parere, il vino del vignaiolo che lavora anche in vigna lo senti, e verbalmente, il vignaiolo te lo riesce a comunicare anche più visceralmente di chi la vigna legittimamente la fa lavorare da altri.
Quindi avere per esempio un operaio che ti aiuta a svolgere parte dei lavori in vigna fa si che noi si diventi vinaioli o si rimane vignaioli?
Luca
I vecchi, purtroppo, a un certo punto della loro vita devono inesorabilmente andare a coltivare per l'eternita' le vigne del cielo e rimangono sulla terra i loro fedeli operai, cantinieri, braccianti, zappatori, potatori, legatori, vendemmiatori, alcuni con delle professionalita' incredibili, magnifiche, esemplari. Sono queste umili, ma grandi, persone che continuano a fare il vino secondo gl'insegnamenti del vignaiolo ormai diventato ospite fisso di San Pietro, cercando di trasmettere con la loro opera i vari segreti ai suoi eredi, anche e soprattutto a quelli che di fare il vignaiolo in persona non gliene puo' fregare di meno, ma sono capaci di parlare molte lingue e con una certa cultura. Penso che sia giusto ricordare l'opera di queste validissime persone, comprese quelle che arrivano dall'estero (moldavi, rumeni, bulgari provengono da Paesi vinicoli come il nostro e spesso e' tutta gente che sa perfettamente come si lavora in vigna, come mi e' capitato di vedere a La Musella dai Pasqua di Bisceglie a Ferrazze di San Martino Buon Albergo). Vignaiolo o vinattiere e' quindi, secondo il mio modesto parere, anche quel titolare d'azienda vinicola che, avendo troppi ettari da curare da solo, si avvale di uno, come di duecento, di questi preziosi collaboratori, oppure è impegnato ad occupare la posizione dirigente o e' sempre in volo per il mondo a promuovere i vini della sua azienda. Non e' solo una questione di termine del vocabolario, ma di concetto. Non si dice forse costruttore edilizio nel definire chi usa centinaia, anche migliaia, di muratori, carpentieri e manovali per fare i palazzi, anche se non cotruisce con le sue mani proprio un bel niente ma sta sempre in ufficio o in un corridoio del parlamento?
@Stefano. Concordo, si sente.
@Luca. Chi lavora la propria vigna è un vignaiolo. Ovvio che si fa aiutare, ma in vigna ci lavora.
@Mario, porta pazienza, ma chi dirige un'impresa edile è un imprenditore edile, ma non un muratore, così come chi fa vino ma non va in vigna è un produttore di vino, ma non un vignaiolo. O almeno questo è il mio dubbio.
Certo che porto pazienza, ci mancherebbe! Il mio dubbio (perche' anch'io ne ho e sarei molto felice se potessi sempre averne, in un mondo dove quasi tutti hanno invece delle certezze e poi vediamo tutti dove si va a finire...) e' un altro. Non essendo parte in causa, ma soltanto testimone, mi domando se Angelo Gaja preferisce esser chiamato vignaiolo o produttore di vino, dato che Piero Antinori (come suo padre, suo nonno, suo bisnonno e via per 650 anni...) preferisce invece vinattiere a produttore di vino.
Ma il termine vinattiere identifica il venditore di vino, non il produttore.
Appunto. Da secoli gli Antinori si definiscono vinattieri. Infatti hanno un mercato talmente vasto che non soltanto producono vino dai loro possedimenti, ma anche comprano le uve, oppure i vini, per alcuni dei prodotti imbottigliati da loro. Angelo invece no, ed e' questo che mi piacerebbe chiedergli (se ci legge, senno' glielo chiedero' in privato, dato che mi risponde sempre con cortesia) cosa ne pensa di questo tema che hai lanciato e come preferirebbe essere chiamato. Anch'io sono interista eppure preferirei essere chiamato nerazzurro, così quando qualche volta perdiamo le gare con l'Atalanta o con il Pisa non me la prendo piu' di tanto: i colori, almeno quelli, vincono sempre!
@Stefano Menti, poi il vignaiolo non può avere che un'attenzione diversa, migliore per la sua vigna, proprio perchè sua. E questo lo ritrovi spesso nel vino.
Io della mia vigna me ne strafottevo talmente le cosiddette che a un certo punto l'ho estirpata per andare a comprare il vino da chi lo faceva meglio di me. E ho scoperto ultimamente di non essere stato il solo da uno che si e' messo a fare agriturismo con la lavanda e ha cominciato finalmente a guadagnarci. Si puo' trattare la vigna meglio che si puo', ma quando non da' piu' reddito... come negli ultimi anni in Sicilia sta capitando a diversi vignaioli, parliamo di poesia o di realta'?
@Mario la vigna rende se la valorizzi. Bisogna crederci dal principio però e seguire questo obbiettivo senza mai demordere, anche nei momenti di difficoltà economica.
Ne parlammo già una volta con Angelo su questo blog. C'è la crisi e la gente non compra? Mai abbassare i prezzi, incrementare la qualità. E così, la mia azienda ha superato la crisi.
Stefano, io me ne strafottevo per un'altra ragione: non sapevo fare il vino buono, mi usciva soltanto benzina, non avevo il tempo di dirigere la produzione in una fabbrica a ciclo continuo a 40 km di distanza e contemporaneamente imparare a seguire la vigna. Siccome volevo bere sempre bene era meglio per me comprare il vino da chi lo sa fare, percio' ho preso un erpice da 1,10 e via. Il camino ha funzionato due anni con i ceppi e con le radici. Ho mantenuto soltanto le viti che si avevo fatto arrampicate su un berso' di 17 metri di lunghezza e 4 di larghezza perche' facevano ombra alle automobili che mi parcheggiavano sul terreno e in Sardegna, a Monte Oro di Mamuntana. Ti assicuro che quell'ombra era una benedizione e quei grappoli mi davano un'uva buonissima come frutta. Poi sono venuto in Polonia, ho aiutato i miei amici dell'Istituto della Vite e del Vino di Cracovia a ripristinare le vigne, ho tenuto una conferenza a Jaslo a una sessantina di vignaioli in erba, ma da me, in giardino, ho solo pini, abeti, tuie, cipressi, una magnolia e poi mirtilli e funghi. Ciao!
Bravo Mario. Professionalità per professionalità.
Vediamo se quest'anno mi riesce di iniziare ad esportare in Polonia.
Non aspettarti subito i numeri, che anzi ti demoralizzeranno all'inizio e forse per qualche anno ancora, ma soprattutto porta una gran pazienza (sottolineo: grande) con l'importatore. Qui oltre all'accisa avrai a che fare con le banderuole... una burocrazia da non credere! In bocca al lupo!
So tutto Mario. Comunque a me va bene poca roba. Non ho i numeri per fare i numeri anzi, abbiamo poco prodotto ma, mi fa piacere esserci.
Angelo solleva un bel tema. Con tutto il rispetto per la FIVI (a cui probabilmente ci iscriveremo)sospetto che vi siano piccole cantine assai celebrate e cosiddette indipendenti il cui titolare - presunto vignaiolo - non ha mai preso in mano una forbice nè tantomeno è mai entrato in cantina anche solo per spingere il bottone di azionamento della pressa... e non dico di più.
Non bisogna però neanche essere razzisti alla rovescia e disprezzare il taglio manageriale di certi 'vignaioli' (spesso sono le dimensioni della loro azienda a imporlo). Saper delegare, organizzare e motivare le persone, peraltro, è il segreto del bravo imprenditore. Nulla di male dunque ad avere collaboratori, direttori aziendali, 'fattori' e chi più ne ha ne metta. Chi però 'compra una cantina', prende i top consulenti, va in azienda una volta alla settimana e racconta ai giornali di lifestyle di essere vignaiolo, magari bioqualcosa perchè fa figo, non può non dar fastidio. Personalmente, nella aziendina di recente fondazione (2009) che io e mia moglie abbiamo messo in piedi, cerchiamo di fare tutto noi, ma proprio tutto: dalla pulizia delle botti alla potatura, dal muletto alle consegne.... Proprio tutto, e quando dico tutto è tutto, anche le cose più pesanti: ma non significa che lo faremo per sempre (tra l'altro io continuo pur a fatica con il mio primo lavoro di giornalista...), e non significa che non abbiamo operai stagionali, ci mancherebbe. Avere operai, anche stranieri, non mi sembra che snaturi lo status del vero vignaiolo. Non è che posso potare la vigna 8 ore al giorno (magari 3 sì, con loro o da soli), perchè come sapete bene c'è anche l'aspetto organizzativo-amministrativo-burocratico da seguire che richiede ore e ore e strangola le nostre aziende. Ma questa nostra 'politica' aziendale e di vita (ridicolizzata sotto sotto da alcuni amici che magari ieri ci dicevano 'fare vino, cheee beeellooo' e criticata da colleghi produttori: della serie, ma chi ve lo fa fare) ci serve eccome: per diventare padroni dei meccanismi, per imparare, in pratica una specie di gavetta interna che ci permetterà, poi - forse, se le cose non andranno male - di delegare di più nel futuro. Vi assicuro, questa modalità determina una vita di sacrifici (stanchezza, amicizie che si perdono e molto altro), ma è impagabile, straordinaria. E ci permette anche di far sentire la passione, di parlare con cognizione, di dare un plus al nostro vino, perchè fatto da noi con la nostra faccia e le nostre mani. E da giornalista che si occupava e occupa (solo un po') anche di vino, ora che ho capito come si sta 'dal di dentro' nel meccanismo della produzione, non posso che sopportare amichevolmente i miei colleghi (intendo giornalisti) o blogger ed opinionisti vari che pretendono di insegnarci cosa è bene cosa è male nel fare il vino (Angelo è un'eccezione felice, d'altronde lui è un tecnico!)
Tornando, per concludere, alle definizioni, 'vinaiolo' non mi piace, però. E neanche vignaiolo mi è mai piaciuto. Il sintetico 'wine grower' (produttore di vino, letteralmente 'coltivatore del vino)in inglese lo trovo perfetto ma sempre inglese è. Dunque, direi che il classico 'produttore di vino' è il meno peggio.
E scusate per il lunghissimo commento, ma questa volta mi è venuto di getto.
Grazie della splendida testimonianza, Fabio.
[...]All’inizio è uno choc. Scopro che fin dall’entrata in cantina dell’uva, e a volte anche prima, è possibile utilizzare legalmente, e senza alcun obbligo di scriverlo in etichetta, perlite, fosfato diammonico, dicloridrato di tiamina, carbone per uso enologico, colla di pesce, diossido di silicio, enzimi pectolitici, chitina glucosano, preparati enzimatici di betaglucanasi, acido sorbico, carbonato di calcio, tartrato neutro di potassio, resina di pino di Aleppo, polivinilpolipirrolidone. [...] Ma sono consentiti anche, per esempio, l’impiego di resine scambiatrici di ioni, il trattamento con ferrocianuro di potassio, il citrato rameico e il solfato di rame, la dealcolizzazione parziale del vino, l’aggiunta di carbossimeticellulosa, il trattamento con scambiatori di cationi, il trattamento con chitosano di origine fungina. (Non è il vino dell’enologo, Corrado Dottori – Derive Approdi edizioni)