Le due anime dei vini di Severino Garofano

20 luglio 2012
[Angelo Peretti]
Non ho mai avuto la fortuna di conoscere Severino Garofano. I suoi vini sì che li ho bevuti, quelli che lui ha fatto o contribuito a fare in varie realtà del Sud, che, grazie anche al suo lavoro, sono diventate grandi. Qualche nome? Be', per chi s'è aggirato dalle parti del Meridione enoico, cose come il Patriglione, il Graticciaia, il Notarpanaro, il Gravello, il Duca San Felice sono piuttosto conosciute. Luciano Pignataro, che per quanto riguarda la conoscenza e la scrittura dei vini e degli uomini del vino del Sud è l'esperto massimo, di lui dice: "È uno degli enologi protagonisti della rinascita del Sud vitivinicolo". E non esita a parlare di "genialità".
Adesso ho colmato anche un'altra delle mie lacune: quella che riguardava i vini di casa sua, della casa di Severino Garofano, di Azienda Monaci, che sta in Puglia, a Copertino, anche se lui ha origini campane, irpine. I rossi, quei rossi di Azienda Monaci, li ho assaggiati e poi bevuti a Radici del Sud. Ma il suo rosato, il meraviglioso Girofle, l'avevo già bevuto anche prima e ne ero stato entusiasta e l'ho ribevuto anche dopo e ancora mi ha intrigato. I rossi no, i rossi invece non li avevo ancora tastati, e c'è qualcosa di curioso nel confrontarli col rosato: un cambio di passo, di stile, di idea.
Ora, torno al confronto tra i rossi e il rosato d'Azienda Monaci. Ecco, se c'era una cosa sulla quale ritenevo d'essere solidamente certo riguardo ai rossi del Sud e a quelli di Severino Garofano in particolare era quel suo timbro di fabbrica che vorrei definire - ma si badi alle virgolette - "ossidativo". Nel senso che si caratterizzano spesso per quella ricerca di sentori terziari, per quell'andamento decadente e terroso che hanno i rossi che sanno e che vogliono tenere gli anni e invecchiare, ed è quel quid che mi piace trovare in un rosso che non abbia il tempo contato. Il rosato no, il rosato è freschezza e grinta e spigliatezza. E lì per lì sono rimasto quasi interdetto da questa duplice indole. Ma poi, riflettendoci, mi dico che no, non c'è scarto: il rosso, quel tipo di rosso, ha da esprimersi in maturità, il rosato in giovinezza, e v'è dunque non divergenza ma uguale rispetto per l'una e per l'altra vocazione. E ben venga il rispetto.
Ora, due righe sui vini.
Salento Rosato Girofle 2011 Azienda Monaci
Clou de girfole è, in francese, il nome del chiodo di garofano. Un gioco di parole. Ma il vino non scherza e anzi dice qual è la potenzialità del negroamaro vinificato i rosa. Speziatissimo, fruttatissimo, freschissimo. Senza offese per gli altri, ma in Italia quest'anno non ho tastato altro rosé che gli sia pari.
Tre lieti faccini :-) :-) :-)
Copertino Rosso Eloquenzia 2008 Azienda Monaci
Ho ritrovato dopo tanto tempo il Copertino: era un sacco che non ne bevevo. E mi si è nuovamente espresso quel rosso evoluto, quel frutto maturo e "caldo" e avvolgente, intriso di spezia, e quella rusticità old fashioned che adoravo. Fermenta in vetroresina, si affina in acciaio.
Due lieti faccini e quasi tre :-) :-)
Salento Negroamaro Le Braci 2004 Azienda Monaci
Ecco, nelle note di degustazione, assaggiando alla cieca, ho scritto proprio quella definizione: "vino decadente". Ma non perché cada, nossignori, ma per la sua flemma aristocratica d'antan. Speziatura, fruttini macerati, ciliegia sotto spirito, ma anche slancio e lunghezza. Vorrei riberlo di qui a un tot.
Due lieti faccini e quasi tre :-) :-)

2 commenti:

  • Ettore says:
    11 settembre 2013 alle ore 15:59

    Ad agosto di quest'anno ho soggiornato a Lecce ed, avendo letto il pezzo sui vini di Garofano un anno fa, ho bevuto questo Girofle...me ne sono innamorato! Ho sempre snobbato i rosati pur vivendo a pochi chilometri dalla Francia ed ora ho scoperto un nuovo mondo.

  • Angelo Peretti says:
    18 settembre 2013 alle ore 20:04

    @Ettore. Grazie della testimonianza. Mi fa piacere di aver contribuito alla conversione verso i vini rosati. Quelli ben fatti sono straordinari.

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