Se la recessione è destinata a durare

3 ottobre 2012
[Angelo Peretti]
Ritengo probabile che tra chi mi legge su questo web magazine siano parecchi a non sapere che, dal lato professionale, sono un po' dottor Jekyll e mr. Hyde. Per dodici anni mi sono occupato di pianificazione strategica in una delle maggiori banche italiane. Scrivevo report finanziari e relazioni di bilancio. Una delle ultime cose che scrissi, sei anni fa, imbeccato da chi si occupava di previsioni macroeconomiche, era che c'era la sensazione che l'Italia e gran parte dell'Europa si stessero infilando in un periodo recessivo di stampo giapponese. Purtroppo quell'ipotesi si è dimostrata vera. Questo per dire che non sono una macroeconomista, ma un pochetto ci mastico.
Il Giappone si avvitò in una recessione che ancora morde le carni della popolazione nei primi anni Novanta. L'economia nipponica negli anni precedenti era cresciuta di gran corsa e le aziende maggiori avevano un sacco di liquidità, per cui fecero progressivamente meno ricorso al finanziamento bancario. Le banche allora, per cercare di continuare a fare lussuosi utili, specularono nella finanza. La bolla finanziaria però (inevitabilmente) esplose. Le banche allora cominciarono a mettersi sulla difensiva e tagliarono il credito alle piccole e medie imprese. Queste dovettero cominciare a ridurre i costi e tagliarono il costo del lavoro: insomma, calò l'occupazione. Al calo dell'occupazione fece seguito quello dei consumi: se ci sono meno soldi si spende meno, è evidente. E in contemporanea presero a flettere il valore degli immobili (meno soldi uguale meno domanda, meno domanda uguale prezzi più bassi) e dei titoli azionari (meno redditività delle aziende uguale meno investimenti). Recessione.
Ricorda qualcosa quello scenario? Temo di sì. Così ogni volta che sento i nostri politici dire che la ripresa è ormai imminente e che il peggio è passato, ci spero, ma fatico a crederci. Perché in Giappone si sono rialzati solo cambiando il modello sociale, e questo noi non l'abbiamo fatto. Insomma: se la prospettiva è quella di un lungo periodo recessivo, dovremmo un po' tutti cambiare pelle, senza vivere nell'illusione di un rapido ritorno all'espansione dell'economia. Il che non significa necessariamente essere più poveri. Significa organizzarsi diversamente.
In questi ultimi giorni ho (finalmente) letto qui e là sui giornali qualche articolo che dice che in Italia, così come gli altri paesi dell'area mediterranea, la ripresa, ammesso che venga, sarà più lenta e più difficile di quanto ci illudevamo potesse essere. La speculazione finanziaria sta azzannando ancora più profondamente la Spagna e la Grecia, e la gente è in strada a protestare. In un contesto del genere, parlare di ripresa e di sviluppo è fuori luogo. Il mondo è cambiato, bisogna farsene una ragione. Occorre che cambiamo anche noi.
Questo cosa c'entra con l'oggetto delle riflessioni che di solito si cerca di fare su quest'InternetGourmet, ossia col mondo del vino e del cibo? C'entra, eccome. Perché probabilmente è il momento di cambiare anche qui. Chi può, si salva con l'export verso le economie che crescono, ma la crescita, l'abbiamo visto, non è eterna per nessuno, e continuare solo a inseguire chi cresce può, alla lunga, comportare costi insostenibili. Ma chi già adesso non può deve adattarsi a un contesto nel quale il potere d'acquisto interno è destinato a restare a lungo depresso: serve una svolta nella produzione, nella distribuzione e nelle modalità di offerta. Io la ricetta non ce l'ho. So solo che, come sempre nelle fasi di transizione, chi si adatta rapidamente risulterà vincente, e chi invece non si adatta si estingue. Si dirà che è ovvio. Ma troppo spesso l'ovvio è proprio quel che si dimentica.

2 commenti:

  • Luca Menegotto says:
    3 ottobre 2012 alle ore 17:05

    Sta a vedere che il vinino farà nuovi accoliti...

  • Anonimo says:
    3 ottobre 2012 alle ore 20:52

    ..sicuro! la maggior parte di noi bevitori cerca ormai - eccetto qualche sfiziosa serata glamour - il MIGLIOR rapporto qualitaprezzo, il famoso bere bene al giusto prezzo.
    ebbene proprio stasera sto bevendo un piccolo grande vino che angelo mi ha fatto scoprire: il rosso base di guigal, cote du rhone 2006.
    buon naso, gran bocca, giusto equilibrio tra rotondita e profondita. a meno di 10€.
    gute nacht freunde
    luca

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