Quando a far difetto è il buon senso

10 marzo 2013
[Angelo Peretti]
È sempre fonte di profittevole riflessione leggere Maurizio Gily, agronomo e giornalista, direttore di MilleVigne, rivista cartacea, man mano convertitasi anche al web e al wine blogging. In questi giorni, ha trattato della sicurezza alimentare, prendendo spunto dai vari scandali affiorati qui e là nel mondo con sorprendente frequenza. Se non forzo troppo nell'interpretazione delle sue parole, dico che regole igienico-sanitarie imposte all'agroalimentare da parte dell'industria del food da un lato non ci garantiscono proprio un bel niente, com'è dimostrato dalle recenti vicissitudini che hanno interessato alcune multinazionali del cibo, e dall'altro rischiano d'uccidere i piccoli artigiani, costringendoli ad astruse pratiche burocratico-igieniste, tali talvolta di impedire la sopravvivenza stessa di straordinari produzioni della tradizione.
Ma c'è di più. C'è che qui da noi, in Italia, si sta davvero esagerando, con incomprensibili atteggiamenti quasi persecutori, e lo dico e lo ribadisco e lo sottolineo. Imporre la piastrellatura bianca alle malghe, guardate, è una cosa che trovo davvero imbarazzante, per non dire altro. In giro per l'Europa, invece, si usa maggiormente il raro dono del buon senso.
Rubo a questo proposito le parole di Maurizio Gily, perché le trovo assolutamente esemplari: "A dispetto del fatto che in Europa dovremmo avere tutti la stessa disciplina - si legge su MilleVigne -, chiunque abbia visitato piccole aziende in Francia, Gran Bretagna, persino Germania, cioè paesi avanzati e con un sistema sanitario molto efficiente, si è potuto rendere conto che l’attenzione a una serie di dettagli da parte delle autorità è più ispirata al buonsenso, e alla conoscenza dei processi, che allo zelo, e che gli ambienti di lavoro dove operano i piccoli artigiani (salvo lavorazioni che comportino rischi elevati), pur rispettando, come giusto, le norme igieniche fondamentali, sono lontani dalla sala operatoria che molti ispettori delle nostre ASL vorrebbero vedere qui da noi. Gli aneddoti che molti produttori raccontano riguardo a queste visite ispettive passano spesso i confini del ridicolo. Ma non fanno ridere i verbali, le sanzioni, le prescrizioni sempre più impossibili da rispettare, perché i soldi per gli investimenti non ci sono più, sono finiti, e buona parte se l’è presa lo stato. Uno stato sempre più severo con contribuenti, già spremuti fino all’osso, ma sempre indulgente con se stesso: lo vediamo quando entriamo in alcune strutture sanitarie pubbliche, obsolescenti e malandate, dove molte norme igieniche sono puntualmente disattese: senza che questo, salvo casi estremi, generi verbali, sanzioni, sequestri o la semplice rimozione di qualche manager superpagato".
Questo dice Maurizio, e son parole sante, da scolpire nella pietra. Riusciranno a tenersele in testa i vecchi politicanti e i nuovi antipolitici che ci dovrebbero tirar fuori dalle sabbie mobili nelle quali ci siamo cacciati? Mah, ho dei dubbi perfino che le leggano, e anche se ci fosse qualche volenteroso che tenta di cambiare in meglio le cose, temo si schianterebbe contro l'invalicabile barriera autoprotettiva costruita nel tempo da una burocrazia dispoticamente imperante.

2 commenti:

  • luciano pignataro says:
    10 marzo 2013 alle ore 09:22

    Oggi proprio parlo della vicenda di De Conciliis che ha deciso di declassare i lvino per non sottostare a vessazioni che gli facevano perdere gli ordini.
    La crisi della politica ha regalato un potere enorme anche agli uscieri e il sistema produttivo ormai deve pagare dazio a tutti. Poi magari succede che in Umbria....paga chi non ha colpa l'esasperazione di chi è stato spinto sul baratro

  • Angelo Peretti says:
    10 marzo 2013 alle ore 09:26

    Già, è tristemente così, Luciano: grazie della segnalazione del tuo pezzo, che corro a leggere

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