Sia benedetta la macchina vendemmiatrice

8 ottobre 2013
[Angelo Peretti]
Se siete tra coloro che ritengono che per fare un buon vino il vignaiolo debba sussurrare dolci parole agli acini e cogliere i grappoli con delicatezza indossando guanti di raso e deporli con lenta e amorevole cura dentro a cesti di vimini intrecciati a mano da anziane laboriose signore, be', allora le cose che leggerete qui sotto probabilmente non vi piaceranno. Per quanto mi riguarda, vorrei che il contadino portasse in cantina le uve nelle condizioni più sane e mature che si può, e tutto quel che lo aiuta a farlo lo vedo bene.
Per esempio, in questi giorni, a rendere ancora più difficile quest'annata balorda, ecco che è arrivata la pioggia. D'accordo, c'è anche freddo, e le muffe non si sviluppano in fretta. Tuttavia l'uva è zuppa d'acqua e i grappoli si spappolano solo a toccarli e gli acini scoppiano e insomma per salvare l'annata è bene che passi ben poco tempo dalla raccolta alla pigiatura. Ecco, per far questo non c'è opera di mano umana che possa bastare. Occorre la macchina. E dunque siano benedette le macchine vendemmiatrici. Saranno certo poco poetiche, ma sono efficaci. E mica solo in annate strambe come questa: sono convinto che per i vini più semplici, più beverini, più quotidiani, la raccolta a macchina sia una buona - a volte ottima - soluzione. Ovviamente a condizione che sia preceduta da una buona - e anzi ottima - viticoltura. Chi non ci crede faccia un salto in vigna e dia un'occhiata.

11 commenti:

  • Anonimo says:
    8 ottobre 2013 alle ore 09:13

    Lo ammetto, sono un romantico quindi pro-raccolta manuale.
    Ma mi chiedo anche (da profano) se usare le macchine proprio in condizioni precarie di uva come descritte sopra non sia peggio. I colpi inferti alla pianta non rischiano più facilmente di rompere i grappoli già provati dalla bagnatura?

  • Angelo Peretti says:
    8 ottobre 2013 alle ore 09:45

    Non vengono inferti colpi alla pianta. Si tratta in genere di uno scuotimento calibrato, in orizzontale o in verticale, che non apporta danni alla pianta e tuttavia permette il distacco degli acini dal rachide, col triplice vantaggio di limitare sensibilmente l'ammostamento (con conseguenti ossidazioni), di ridurre la presenza di acini immaturi (che non si staccano) e di evitare in larghissima parte la presenza di altro materiale vegetale nell'uva. Vedere all'opera una macchina vendemmiatrice è un'esperienza da provare.

  • Anonimo says:
    8 ottobre 2013 alle ore 10:56

    Mmm...non so, non ne sono così convinto. Staccando solo l'acino un po' di succo, inevitabilmente, fuoriesce dal punto di distacco. Forse più che staccando l'intero grappolo.
    E poi, diciamocela, sconquassare una pianta con oltre 1000 colpi al minuto non credo le possa giovare per il suo ciclo vitale.

  • Robji_M says:
    8 ottobre 2013 alle ore 11:12

    Bè, anche spruzzare silicie sulle foglie non serve ad un benemerito cazzo (come si dice in francese) eppure lo si fa e chi lo fa viene pure lodato ;-)

  • Anonimo says:
    9 ottobre 2013 alle ore 19:49

    Certo Angelo, la macchina separa in cesti di vimini i grappoli acidi; le lucertole che essendo animali a sangue freddo non scappano a basse temperature; tutti i residui di prodotti fitosanitari accumulati sulle foglie; e tutti i semi delle infestanti che crescono sottofila nei vigneti. E soprattutto le cimici, che specie da quando è stata introdotta la soia se ne vedono di ogni forma e colore: esse donano un bouquet di mandorla amara che l'enologo non può togliere. E poi trovo affascinante il nuovo gergo degli imprenditori agricoli: èto batùo l'ùa? Sissignore, una volta si vendemmiava, ora si "batte" come un campo di cereali. Attilio

  • Angelo Peretti says:
    9 ottobre 2013 alle ore 22:04

    Attilio, sai che ti stimo e ti apprezzo, ma non è con l'ironia, pur gradevole, che si risolvono i problemi, soprattutto in annate difficilissime come quella attuale. Altrimenti potrei dirti che non credo che i contadini si profumino le mani con Chanel n. 5 prima di cogliere i grappoli, e nemmeno che spicchino acino da acino cantando rasserenanti ninne-nanne. Tu che conosci la vita di campagna sai bene che la realtà è un'altra, e non è certamente il migliore dei mondi possibili. Ergo, a mio avviso, meglio la macchina che certe cose che ho visto quest'anno nei carri. O almeno questo è il mio pensiero.

  • Luca says:
    10 ottobre 2013 alle ore 05:54

    Ma chi vuol vendemmiare alla membro di segugio Lo farà sia a mano che con la macchina.
    Però se l'uva è bagnata non si raccoglie ne a mano ne con la macchina per cui chi lo fa, manualmente o a macchina, rimane un cane e il suo vino sarà figlio di un cane

  • Anonimo says:
    10 ottobre 2013 alle ore 14:02

    Certo Angelo, ma quando vedo una vendemmiatrice penso che questa tecnologia produce “persone superflue” (dice il sociologo Bauman): persone tagliate fuori dal processo produttivo che perdono la propria fonte di sussistenza, e con essa la propria dignità, i "vendemmiarini" appunto. Questo si riflette sul rapporto che ha una comunità col proprio vino. Questo porta alla perdita d'identità d'un vino. Il tuo post "e lasciateci vendemmiare!" mi è piaciuto moltissimo invece, ed è più coerente con la natura umanistica dell'essere contadini diretto-coltivatori (in italia l'80%). No non è facile fare i contadini, ci vogliono decenni per capire cosa può dare quel pezzo di terra, e sul più bello devi andartene a cercare fortuna altrove, perchè sei diventato una persona superflua. Attilio Romagnoli

  • Angelo Peretti says:
    10 ottobre 2013 alle ore 14:15

    Concordo, Attilio. Ma il mondo del vino è fatto, oggi, di realtà assolutamente diverse, per dimensione, per obiettivi, per organizzazione. Il migliore dei mondi possibili non esiste, c'è il mondo che c'è, e dunque almeno che si portino a casa uve sane e mature, con i mezzi congrui per farlo, e la congruità ha come variabili anche la dimensione aziendale, oltre che gli obiettivi del produttore.

  • Fabio Bottonelli says:
    14 ottobre 2013 alle ore 17:53

    Non sono certo uno particolarmente romantico... ma preferisco la raccolta manuale, anche non scarto 'ideologicamente' quella a macchina, che rimane un'opzione assolutamente valida (tanto che per me fra 5 anni, l'80 per cento dei vigneti italiani verranno raccolti macchina). Però l'ammostamento c'è eccome, le uve arrivano praticamente già ammostate. Altro materiale vegetale ne casca dentro più a macchina che a mano. Danni alla pianta ci sono. Lo scuotimento in sè non fa male per una volta, ma alla lunga sì. Inoltre c'è sfregamento di foglie e tralici con qualche rottura di tralci (oltre che pali o fili rotti, magari pochi, ma qualcosa succede sempre). Infine, un vigneto appena vendemmiato a macchina si vede che 'non ha goduto'.
    Un mito da sfatare è invece quello delle perdite: sono di più o equivalenti a mano.

  • GIORDANO says:
    16 ottobre 2013 alle ore 16:09

    Dicono gli esperti che un vigneto impostato per la raccolta meccanica ha una vita di circa 20/30 anni al massimo ... io ho un vigneto, ovviamente non meccanizzato, con piante di circa 100 anni ma comunque tuttora molto vitali.
    Questa breve vita è dovuta al susseguirsi periodico dello stress da macchina, e non si intende solo la vendemmiatrice ... che poi è l'ultima arrivata, ma anche potatrici, spollonatrici, cimatrici, ecc... in quanto queste macchine si rapportano con la pianta in modo fortemente dinamico.
    Sicuramente il futuro andrà, per ovvi motivi legati al contenimento dei costi, sempre più nella direzione della meccanizzazione e conseguentemente a scapito della poesia che ancora fortunatamente rimane nel mondo rurale.
    L'ho già detto in un altro post ... non sono più tanto convinto che l'uomo sià l'essere più intelligente.

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