[Angelo Peretti]
Allora, la cosa funzionava, grosso modo, così. I Consorzi di tutela potevano ricevere contributi pubblici europei per cofinanziare azioni promozionali in Italia e in Europa attraverso i piani di sviluppo rurale emanati dalle Regioni e nei paesi extra Ue tramite i fondi Ocm. Le singole aziende, invece, potevano accedere, per la promozione, ai soli fondi Ocm, e ovviamente soltanto per le iniziative orientate ai mercati extra Ue. Ora l’Italia ha chiesto e ottenuto, a quanto leggo sul Sole 24 Ore, di adoperare i fondi Ocm anche in Europa, ma l’ok sarebbe arrivato esclusivamente per azioni orientate a promuovere le denominazioni d’origine e non i singoli produttori. “Il via libera – leggo infatti nell’articolo di Giorgio dell’Orefice - è arrivato solo per generiche azioni di sostegno con il divieto di promuovere le etichette aziendali”.
Bene, io che considero le denominazioni di origine dei “marchi collettivi”, dei veri e propri brand territoriali, sono contento che i cofinanziamenti si concentrino sulle “generiche azioni di sostegno”. Contentissimo.
Diverso dal mio, stando a quel che leggo nell’articolo del 24 Ore, è il parere di un gigante del vino italiano, ossia Sandro Boscaini, patron della Masi, persona geniale, che stimo e apprezzo. Qualche tempo fa girava la voce di una possibile quotazione in Borsa della sua azienda, ed ero pronto a investirci un po’ dei miei risparmi, giusto per dire chiaramente quale sia la mia opinione su questa casa vinicola. Dice dunque Boscaini: “La nostra esperienza chiarisce che il consumatore internazionale si lega a un particolare brand, ed è meno portato a riconoscere il valore di una Doc”. Può darsi, non sono un esperto in materia di brand equity. Però mi domando: davvero si ritiene che il marchio Masi valga di più del brand Amarone, della cui produzione la stessa Masi si fa emblema? No, non credo proprio. Credo che questo sia anzi una dimostrazione eclatante di come il brand collettivo, quello della denominazione, valga di più della marca aziendale. Io continuo a credere che promuovere le denominazioni costituisca un plusvalore per chi ne fa utilizzo, aprendo nuove prospettive di mercato.
Oh, mica pretendo di avere ragione. Ma io ci credo.
A questo proposito io mi immagino tutte le convoluzioni che ci verranno imposte per fare promozione...senza promuovere i marchi singoli. Già mi immagino degustazioni con bottiglie anonimizzate, depliant consortili con cancellature a pennarello dei nome dei soci, ecc. Capisco il punto, ma l'applicazione rischia di essere un esercizio del genere "complicazione cose semplici".
In realtà, Gianpaolo, non credo ci siano in vista particolari convulsioni. Non so quale sarà il quadro normativo, ma non credo sia impossibile che all'interno di un'area consortile siano rappresentate singole aziende (anche non socie, se vige l'erga omnes) che presentano la loro produzione riferita alla specifica denominazione. Diverso è il caso che l'azienda chieda di essere finanziata per una propria specifica attività. Ripeto: certamente non mi è dato sapere quale sarà il quadro normativo preciso, ma quanto sopra risponde già alle regole dei psr di varie regioni, per cui mi viene da pensare che possa andare così anche in questo caso.