Un Chianti che si fa proprio bere

8 novembre 2013
[Angelo Peretti]
Magari, chissà, si finisce che si bevono anche le suggestioni, dentro a un vino. Solo che a me in genere fanno l'effetto contrario, e dunque ecco che mi trovo a tirare il freno dell'entusiasmo, a diventare circospetto, a incrementare la prudenza, perfino troppo a volte. Così è accaduto anche per una bottiglia d'un Chianti Classico che ho ricevuto in dono, quello di San Donatino. Perché non potevo far la finta di non sapere che quello oggi guidato da Maria Cristina Diaz è il podere che aveva voluto Léo Ferré, che per me - e ovviamente non solo per me - è tra i miti della canzone d'autore, e col mito bisogna andarci, appunto, prudenti, per evitare condizionamenti. Ma stavolta, condizionamenti o no, il vino mi è piaciuto, e lo dico apertamente, e lo testimonia il fatto che me ne sono servito più d'un bicchiere.
Il fatto è che questo Chianti trasuda appartenenza al sangiovese già dal colore, che è giustamente, saggiamente, benedettamente scarico e granato, alla faccia di certi vinoni neri come la pece che si son visti in giro troppe volte. E il profumo è quello terroso che mi piace. E la beva è succosa e chiama l'altro bicchiere. E c'è serena freschezza.
Leggo su Slow Wine queste parole, circa al Poggio ai Mori del 2009, e cioè circa il vino che ho avuto nel calice: "Ha carattere chiantigiano". Ecco, e aggiungo che è vino che vuole la compagnia e il cibo, e che non impressiona di primo acchito, ché non va sopra le righe, ma poi finisci in fretta la bottiglia, e questa è una gran bella prova provata che è buono.
Chianti Classico Poggio ai Mori 2009 San Donatino
Due lieti faccini e quasi tre :-) :-)

0 commenti:

Posta un commento