[Angelo Peretti]
Ci sono due definizione che mi mettono in difficoltà, quando si tratta di bollicine. Lo so, è un pregiudizio, ma quando leggo "extra dry" e "satèn" sto sul chi va là. Così, quando Giovanni Arcari mi ha portato la sua prima realizzazione in coppia con Nico Danesi, be', lo ammetto, mi aspettavo un "pas dosé", e invece quand'ho visto in etichetta che si trattava di un "satèn" son rimasto un po' così. Ho preso la bottiglia, ho ringraziato, l'ho portata in cantina, e me la sono scordata. Poi, Giovanni mi ha telefonato perché c'era un ragazzo che preparava una tesi di laurea e mi ha chiesto se ero disposto a farci due chiacchiere e alla fine mi ha anche domandato se avevo assaggiato il suo "satèn". Ho promesso che l'avrei assaggiato il giorno dopo. Ho mantenuto la promessa. L'esito? Bottiglia seccata, svuotata, finita, in due.
Giovanni Arcari e Nico Danesi, il primo wine consultant e blogger, il secondo enologo, son mica personaggini facili facili: se dico che son persone di carattere credo di aver spiegato molte cose di loro. Consulenti di più aziende, hanno (finalmente) deciso di mettersi "anche" in proprio e sono usciti con un Franciacorta (non poteva essere altrimenti, del resto). Solo che il Franciacorta è, appunto, un Satèn, il che mi ha lasciato perplesso: loro, i signori della bolla affilata che virano verso la morbidezza?
Poi ho scoperto, e mi pento (ma mica tanto, e poi spiego perché) di non averlo fatto prima, ma meglio tardi che mai: questo qui è un progetto, ed è un progetto che mi affascina parecchio. Il Franciacorta Satèn di Arcari + Danesi è una bolla progettuale che parte dal mosto, e non dal vino, per conservare la morbidezza del frutto senza zuccherosità esterne. Se non ho capito male - io per le cose tecniche non sono proprio versato - fanno fermentare il mosto finché non arrivano a far restare quegli zuccheri che sono giusto giusto la misura per ottenere la setosità tattile del Satèn franciacortino. Poi lasciano lì la bottiglia per mesi e mesi. Quella che ho bevuto io era una 2008 sboccata nel 2012, affinata - volontariamente (da parte loro) e involontariamente (da parte mia) - sino ad oggi. Beato affinamento: n'è uscito un vino che si beve che è un piacere.
Ora, non chiedetemi di descriverlo con i fiori o i frutti o le spezie. Sarebbe inutile, sarebbe sciocco. Dico solo che è una carezza, e che mani ruvide come quelle di Giovanni e Nico sappiano essere tanto carezzevoli, be', è una scoperta. E dico anche che ho letto che chi l'ha bevuto prima di me ne aveva in parte lamentato una qualche moderazione nell'acidità, e forse quest'era vero all'uscita: oggi la mia impressione è che il vino abbia un sale bene integrato nella materia, ed è un piacere gustarlo. Dicono che l'attesa del piacere è essa stessa piacere (forse la frase è di Lessing?): talvolta coi vini con le bolle occorre avere il coraggio di attendere.
Franciacorta Satèn Brut 2008 Arcari + Danesi
Tre lieti faccini :-) :-) :-)
caro Angelo, l'attesa del piacere sarà anche, ed é bellissima. Ma di fronte ad una grande bottiglia e alla donna, elegante, che ami, io sono e sarò sempre dalla parte del piacere. Vissuto e gustato sino in fondo :)
Quanto al Satèn di Giovanni & Nico, diamogli tempo e vedrai che non ci deluderà
però non è raro che l'attesa del piacere vissuto si riveli molto più gradevole del piacere fruito... s. gurr.