Una vendemmia verde con la chimica?

2 marzo 2013
[Angelo Peretti]
Nel gergo burocratico del mondo del vino, c'è una definizione, quella di "vendemmia verde", che pare proprio un po' astrusa. Di solito, infatti, si vendemmiano le uve quando sono mature, e dunque mica verdi. Invece c'è gente che viene pagata, coi quattrini di noi contribuenti, per tirar giù tutta l'uva prima che maturi, evitando così di produrre il vino. Insomma, la "vendemmia verde" è la "la distruzione o eliminazione totale dei grappoli non ancora giunti a maturazione, riducendo a zero la resa del vigneto".
Il virgolettato l'ho preso da un comunicato stampa della Fivi, la Federazione italiana dei vignaioli indipendenti, e stavolta non posso che essere pienamente d'accordo con quanto scrivono a proposito della querelle che s'è aperta in questi giorni sul tema. Gli è che il Ministero per le politiche agricole sta lavorando ai decreti che programmano i finanziamenti legati alla nuova Organizzazione comune di mercato (l'Ocm europea) e di mezzo c'è anche l'ipotesi di dare dei bei soldoni a chi farà, appunto, la "vendemmia verde": schèi, benedetti schèi. Ebbene, la Fivi "ha contestato la proposta avanzata da alcune Regioni di procedere a finanziare la vendemmia verde e soprattutto di potersi avvalere di sostanze chimiche da spruzzare in vigneto per far avvizzire i grappoli direttamente sulle viti".
Il fatto è che la cosiddetta "vendemmia verde" è stata inventata dai burocrati enoici per "mantenere l'equilibrio tra domanda e offerta, diminuendo la produzione vitivinicola e privilegiando le produzioni di vini di qualità che hanno maggiore capacità di penetrazione nei mercati e maggiore ritorno economico". Insomma, da liberale qual sono, direi che la "vendemmia verde" serve a dopare il mercato, e già questo non mi piace propio niente. Ma c'è di peggio, secondo quanto dicono ora i vigneron italiani.
La Fivi si chiede, anche "alla luce del grande calo di produzione registrato nella vendemmia 2012", quale sia l’utilità di una simile misura, "che ovviamente sottrae risorse altrimenti destinabili ad altri capitoli, come la ristrutturazione vigneti o gli investimenti produttivi e commerciali". O meglio, se proprio proprio si dovesse arrivare ad attuarla, almeno che "venga attuata tramite pratiche manuali o meccaniche, e assolutamente non si debba procedere per via chimica". "Il risultato certo di una simile pratica, infatti - scrivono i Vignaioli indipendenti -, sarebbe un ulteriore inquinamento dei suoli e delle piante stesse". E per di più parrebbe "paradossale diffondere nell’ambiente molecole atte a distruggere ciò che molto probabilmente si è fatto crescere in precedenza con l'uso di altri agenti chimici".
Già, riempire i campi di chimica per far produrre frutti da eliminare poi con l'utilizzo della chimica. Verrebbe da domandarsi a chi giovi tutto questo. Di certo non a chi il vino lo compra e lo beve.

7 commenti:

  • Stefano Menti says:
    2 marzo 2013 alle ore 10:58

    E' la solita porcata italiana.

    L'ocm vino ha un minimo di spesa e quindi le piccole aziende come la mia, o si unicono in cordata, oppure se devi comperare un dinamizzatore per dinamizzare i preparati sui tuoi 7,5 ha, non lo farai mai con i contributi.

    Io sono d'accordo con Gianpaolo Paglia. Liberalizziamo gli impianti. Il mercato metterà ordine.

    Sono sicuro che perderemo qualche vecchio vignaiolo che ha vigne di ottantanni a favore di un industriale che pianta nuovi vigneti macchinabile, ma al giorno d'oggi, il protezionismo degli impianti non fa di meglio.

    Scrissi già su questo blog, che a Gambellara in zona classica si è piantato uva gleara, atta a produrre Prosecco d.o.c..
    Con il benestare dell'ispettorato, del Consorzio Tutela vini Gambellara, della cooperativa di Gambellara e del socio della cooperativa proprietario del vigneto.

    Liberalizziamo tutto e togliamo i contributi. I più forti o i lungimiranti, avranno ragione e il mercato sarà reale e non dopato.

  • gianpaolo paglia says:
    2 marzo 2013 alle ore 20:17

    Gia', ma se uno si distacca abbastanza dal dettaglio, e guarda l'insieme, allora la domanda da porsi non pare essere il modo con il quale si fa la vendemmia verde, ma perche' si fa.
    Pare assurdo farla in modo chimico (anche se assurdo sicuramente, almeno dal punto di vista economico non sara'), e non pare assurdo essere pagati per distruggere parte della produzione?
    Questo e' il ripetere con altri mezzi la distillazione di crisi e la distillazione volontaria, ovvero dare soldi per produrre e poi gettare via. Sono cose che non servono, non funzionano perche' non hanno mai funzionato nel passato. Sono cose che premiano ovviamente chi non e' interessato a lavorare per produrre per vendere. Mettono dei soldi, tanti o pochi che siano, nel tentativo di controllare la domanda diminuendo l'offerta, ovvero il tentativo di far alzare i prezzi dei prodotti. Questo ormai dovrebbe essere chiaro a tutti che e' folle, in un mondo dove l'offerta dei prodotti e' globale, e il consumatore, globale anche lui, semplicemente decide il prezzo e poi compra quello che e' disponibile, che sia italiano o francese o del nuovo mondo, la cosa lo interessa sempre meno.
    L'unico investimento degno di essere fatto con i soldi pubblici puo' essere la promozione,se fatta bene, per convincere quel consumatore che spendere qualche soldo in piu' per quei vini puo' valere la pena. Ogni altra cosa e' inutile. Non lo dico io, lo dicono i fatti.

  • Angelo Peretti says:
    2 marzo 2013 alle ore 20:35

    @Stefano. "Liberalizziamo tutto e aboliamo i contributi". Concordo.

  • Angelo Peretti says:
    2 marzo 2013 alle ore 20:38

    @Gianpaolo. Ovviamente concordo con quanto dici circa l'assurdità degli interventi finanziari destinati a distruggere quanto si è prodotto (con altri finanziamenti, magari). Certo, è meglio dedicare le risorse alla promozione. Però è proprio quel "se fatta bene" che mi crea dei dubbi. Ho visto e vedo troppe storture anche negli utilizzi dei fondi per la promozione.

  • gianpaolo paglia says:
    3 marzo 2013 alle ore 12:24

    Lo so, la promozione fatta bene e' una chimera, ma almeno nel casino e' probabile che qualche frutto esca fuori, mentre nel controllo domanda/offerta e' tutto denaro buttato.

  • raffaelloviani says:
    3 marzo 2013 alle ore 14:21

    Beh! Da microscopico produttore qual sono, 2 ha. di vigna nella contrada del Chianti, condivido pienamente * non finanziare la potatura verde in generale ma,sopratutto, chimica * così come auspico che tali soldi vadano spesi in direzione della "comunicazione" e della "promozione" dell'Italia come "terra di vini pregiati", poi ognuno sceglierà se produrre direttamente per il consumo o affidarsi a imbottigliatori di prestigio che daranno, forse, lustro alla loro (dei piccoli) produzione. Sono altresì certo che tale indirizzo dei finanziamenti va solo ad esclusivo vantaggio della lobbie dei grandi produttori che, sfruttando tale abbattimento di costi (in una economia di scala le cifre di tali contributi si fanno enormemente interessanti per i grandi ed assolutamente insignificanti per i piccoli) potranno fare concorrenza ad una miriade di piccoli produttori come il sottoscritto, a meno che non si decida che le proprietà e le produzioni si concentrino in pochi grandi nomi ed i piccoli .... scompaiano....ma, alla lunga, è la strategia giusta?

  • raffaelloviani says:
    3 marzo 2013 alle ore 14:26

    Aggiungo: forse mi sbaglio e forse no, ma vorrei domandare ad Angelo *profondo conoscitore della realtà vitivinicola di Francia* se i piccoli produttori (addirittura da 100/200 bottiglie nelle AOC) sono protetti oppure no e come....e se questa nefandezza della potatura verede chimica in Francia è praticata oppure no. Grazie.

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