Ebbene sì, condivido la teoria del salame

16 luglio 2013
[Angelo Peretti]
Be', non riesco a trattenermi dal rilanciare un pezzo che Fabio Giavedoni ha postato su Slowine, il sito vinoso di Slow Food. S'intitola: "La teoria del salame". Racconta che capita spesso a chi fa le guide di passare nelle aziende, e tante volte qui ti offrono uno spuntino. Sovente a base di salumi e formaggi. Solo che a volte trovi salami stratosferici, altre volte mezze ciofeche da hard discount. Guarda caso, capita spesso che i vini corrispondano al tenore dei salami.
Dopo una delusione salumaia, Fabio scrive così: "Perché allora mi ha rifilato - a me che in fin dei conti sono un ospite in visita alla sua cantina, quindi secondo le usanze da 'trattare bene' - quel salame così cattivo e industriale? Perché è sicuramente quello che comunemente mangia a casa sua, tanto è vero che la moglie è andata normalmente a prenderlo dove va di solito… E allora, se questi contadini mangiano un salame così cattivo, non avendo cultura e gusto per sceglierne uno migliore, potranno mai fare un vino buono? Avranno mai la sensibilità e il gusto per capire che il loro vino è dozzinale (e potrebbe sicuramente essere migliore, perché i vigneti sono proprio belli …)? Avranno mai la voglia, l’intenzione e la possibilità di elevare la qualità del loro vino e la scelta del salame che mangiano?. Probabilmente no!"
Ecco, condivido. Va proprio così. E condivido pure la sintesi che fa, in un commento al post, Michele Antonio, che dice: "Se non hai gusto, non ti fai scrupolo di offrire vino cattivo e cibo cattivo, perché non li distingui da quelli buoni". Ecco, sarà anche una teoria poco "politically correct", ma, come insegna Giavedoni, funziona.

3 commenti:

  • gianpaolo says:
    17 luglio 2013 alle ore 12:08

    c'è qualcosa di peggio di quelli che mangiano, e offrono roba industriale e poco di qualità, e sono quelli ossessionati dal cibo con l'aggettivo. Forse non sarò un bravo produttore di vino, ma la ricerca spasmodica del fagiolo di roccacannuccia, del formaggio di vacca spagnola da pascolo alpino, del salamino fatto a mano da vecchietto di 90 anni da suino di doppia cinta svedese, dopo un po mi sfinisce.

  • Angelo Peretti says:
    18 luglio 2013 alle ore 10:02

    La ricerca spasmodica no (a tratti diventa perfino irritante), ma la dichiarazione dell'origine perché dovrebbe essere un male? Anche per i vini si dichiara l'origine, e questo è un bene. Certo,, son d'accordo con te, l'esagerazione è sfinente.

  • Unknown says:
    22 luglio 2013 alle ore 13:37

    Mah, io preferisco farmi sfinire, ma alla fine mangiare un buon prodotto, piuttosto che mangiare un prodotto industriale, sempre e comunque. Il problema è quando ti sfiniscono e il prodotto è comunque mediocre.

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