Tot uva per pianta, tot per campo

2 luglio 2013
[Angelo Peretti]
Ho un sogno. Che i funzionari degli enti certificatori dei vini entrino in un vigneto. Scelgano qualche vigna dentro al vigneto, qui e là. Pesino l'uva di quelle vigne. Calcolino il numero di vigne presenti nel vigneto e moltiplichino il peso dell'uva delle singole vigne per il numero di vigne che esistono. In questa maniera sapremmo con una stima attendibilissima quanta uva c'è in quel vigneto. E il produttore a fine vendemmia non potrebbe dichiararne di più. Come invece accade tavolta (solo talvolta?). Finendo per trovarci con "il paradosso della vendemmia 2012", per la quale tutte le stime davano un calo rispetto al 2011 e invece ora, miracolosamente, veniamo a sapere che in Italia s'è fatto più vino rispetto all'anno prima.
A denunciare questo miracolo italiano è stato il Corriere Vinicolo: ne ho parlato ieri. Faccio mio quanto scrive la testata dell'Unione Italiana Vini: "Gli enti di controllo è bene che si attrezzino". Esatto: controlli più rigorosi nei vigneti, per favore. È lì che si deve agire, e non mi pare poi così difficile realizzare stime realistiche della produzione di un vigneto, come ho detto sopra. Si fa una campionatura: hai tot chili di uva per ceppo e tot ceppi per ettaro? Basta una moltiplicazione per sapere quant'è la produzione complessiva. Poi, se dichiari che hai fatto molta più uva di quella che esce dalla moltiplicazione, ti sanzioniamo.
Troppo semplice perché si realizzi? Temo di sì. E allora prepariamo ad altri miracoli italiani.

6 commenti:

  • Antonio Tornincasa says:
    2 luglio 2013 alle ore 11:01

    Sono i disciplinari che dovrebbero fare proprio questo approccio.
    Non quintali per ettaro ma kilogrammi di uva per pianta. questa è la vera unità di misura.
    Esprimere rese massime secondo i q.li/ha trascura il numero di piante/ha..ed è ben diverso averne 10000 o 3000 a parità di resa/ha.

  • gianpaolo paglia says:
    2 luglio 2013 alle ore 13:22

    Il discorso qui e' un altro, non si tratta di produzioni per ettaro piu' alte del disciplinare, ma si tratta di usare tutta la "carta" ammessa dal disciplinare con uve provenienti magari dal vigneto accanto che, per vari motivi, non e' iscritto o iscrivibile alla DO.
    Si tratta di una pratica scorretta e sanzionabile, ma e' l'ennesima dimostrazione di un sistema, quello dei limiti imposti alla produzione, che non funziona e che per questo viene costantemente - lo dicono i dati che presenta Angelo - bypassato dai produttori stessi.

  • Anonimo says:
    2 luglio 2013 alle ore 14:06

    Bene, bravi, bis! Fissiamo anche un guadagno minimo per ettaro, che tutt'ora con certe Doc non si coprono nemmeno i costi di produzione. Uva spagnola? Ma perchè, c'è quella del lago che non costa niente, che diventi ottimo amarone. Attilio Romagnoli

  • Angelo Peretti says:
    3 luglio 2013 alle ore 06:37

    @Antonio. Il discorso che fai è correto, ma rispetto al problema che sollevo non cambia nulla: il problema è quanta produzione effettivamente venga realizzata e quanta invece venga rivendicata, creando "carte" fittizie che consentano di vendere "diritti" della doc senza avere il vino correlato a quelle "carte".

  • Angelo Peretti says:
    3 luglio 2013 alle ore 06:39

    @Gianpaolo. Vero: è pratica scorretta e sanzionabile, ma quasi sempre non viene mnimamente sanzionata, cosicché molti produttori, anche fra i più piccoli, finiscono per ritenerla un peccatuccio di poco conto, che tuttavia rende tanti bei soldini. In realtà, è la via con la quale i piccoli spianano la strada ai furbetti.

  • Angelo Peretti says:
    3 luglio 2013 alle ore 06:40

    @Attilio. Temo che tu non sia molto lontano dalla realtà. Sostituisci Amarone con Corvina igt in appassimento e temo che ci siamo.

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